Il posizionamento implantare nel mascellare superiore rappresenta una delle sfide più difficili per il chirurgo quando le condizioni ossee in altezza e spessore complicano la procedure di posizionamento standard.
In condizioni ideali, con uno spessore crestale sufficiente e con una favorevole architettura e “durezza” dell’osso alveolare, il successo funzionale ed estetico dell’implantoprotesi è per lo più predicabile.

Mentre, vi sono condizioni cliniche sfavorevoli, come ad esempio l’avulsione di elementi dentari per traumatismo meccanici o come patologie infiammatorie paradontali o come alcune patologie sistemiche con importanti ripercussioni sullo status dento-parodontale, nelle quali si hanno spesso dei quadri clinico-radiologici che pongono seri dubbi sulla stessa opportunità di adire, sic et simpliciter, ad una riabilitazione implantare.

Lo stato dell’arte della implantologia ha prodotto un pabulum di tecniche chirurgiche pre-implantari atte al sopperimento dei minus anatomici derivanti dalle sfavorevoli condizioni clinico-radiologiche di cui si è accennato prima. Pertanto, il chirurgo orale ha nella propria faretra diversi dardi da scoccare, come ad esempio:
• la rigenerazione ossea con l’ausilio di membrane biocompatibili
• l’uso di griglie epilesionali in titanio
• l’uso di tecniche che prevedono innesti ossei autologhi e non, con o senza l’ausilio dei fattori di crescita.
• lo split-crest.

La rigenerazione ossea, se scrupolosamente eseguita, ha un buon grado di predicibilità, ma tempi relativamente lunghi che possono variare dai sei – otto mesi fino ad un anno.
La tecnica di G.B.R. (Guided Bone Rigeneration) può anche prevedere una chirurgia combinata:
– Fase di chirurgia maxillo-facciale pre-implantare
– Fase di chirurgia implantare vera e propria.

Quando abbiamo un difetto di tipo B (classificazione secondo Mish e Judy) con osso di spessore trasverso ridotto (distanza tra le due corticali: esterna o vestibolare ed interna o palatina) in un cut-off compreso tra 1.5 – 2.5 mm; con altezza (distanza tra la sommità della cresta ed il suo limite superiore) misurata tra i 10 – 12 mm ed angolazione (quella ideale si attesta sui 30° , cioè, vi è una disposizione compliante con le forze occlusali) inferiore di 20°. (Fig 1)

La posizione dei denti frontali è dettata dalle regole di estetica e fonazione che impongono il posizionamento degli impianti in modo tale che la riabilitazione protesica alla fine risulti indovata con la medesima disposizione rispetto alla disposizione anatomica del paziente.

La tecnica di espansione

Originariamente la tecnica di espansione è stata descritta da “Tatum” nel 1970 e successivamente è stata modificata da altri Autori: essa prevede la separazione delle due corticali, previo allestimento di un lembo muco-periosteo; dunque, si disegna un lembo muco-periosteo con un bisturi, in seguito con scalpellini a punta tagliente si pratica una osteotomia con il disegno di svincoli per lo scarico delle forze derivanti dalla natura meccanica dell’intervento e successivamente, con gli osteotomi di misura crescente, si creerà una frattura “a legno verde” che di fatto andrà ad aumentare il diametro traverso della regione apicale crestale: a seguito di tale procedimento (Fig. 2) si prepara l’alveolo chirurgico ad accogliere la fixtureimplantare. (Fig. 3)
La moderna tecnica, meno traumatica e più predicibile, prevede l’uso della piezosurgery a sostituzione degli scalpellini taglienti: il vantaggio di tale tecnica consiste in
• una migliore compliance di paziente ed operatore nei confronti della tecnica chirurgica
• una minore incidenza di complicanze intra e post-operatorie
• una maggiora rapidità dell’intervento e del post-intervento
• una minore invasività nell’atto della frattura crestale iatrogena

CASES REPORT

1. Caso clinico (donna di 55 anni) sottoposta ad intervento di “Split crest” eseguito sull’arcata mascellare, lato dx. La paziente era portatrice, da 10 anni, di protesi fissa. Per la presenza di un osso molto sottile, con morfologia “a lama di coltello” (1mm)

   

non era possibile inserire impianti, se non ricorrendo ad innesti ossei autologhi o ad onlay – inlay o ad innesti a sella “saddle-graft”. Con questo tipo di intervento, previa scollamento di un lembo muco-periosteo, la cresta è stata espansa nel suo diametro trasverso, preservando le pareti esterna ed interna (corticali alveolari) separandole tra di loro ed inserendo, nella stessa seduta (tecnica one-step), impianti di idoneo diametro 4.0 mm per 13.0 mm di lunghezza e 3.75 mm per 15.0 mm di lunghezza.

  

A seguito dell’inserimento delle fixture è stao eseguito un Rx-OPT di controllo post chirurgico. 

Dopo 5 mesi, 

gli impianti sono stati caricati provvisoriamente, con carico crescente,

  

mentre, dopo ulteriori 2 mesi è stata inserita la corona protesica definitiva.

Sono seguiti vari follow-up, al termine dei quali si è voluto indagare sullo status implantare tramite un controllo radiologico a quattro anni.

2. Caso clinico (donna di 45 anni) sottoposta ad intervento di “Split crest” eseguito sull’arcata mascellare, lato dx. La paziente era portatrice, da 5 anni, di protesi fissa,


con ampiezza crestale di circa 2 mm per 4-5 mm di altezza ;

dopo scollamento e sollevamento di un lembo muco-periosteo,

si è proceduto all’espansione delle due corticali

con rimodellamento crestale ed inserimento di due impianti di diametro 3.75 mm per 10 mm di lunghezza;

 

è stato eseguito un controllo radiografico post-chirurgico

ed un controllo radiografico e clinico dopo sei mesi dall’intervento.

 

Il second-stage implantare è stato finalizzato al caricamento degli impianti;

 

la protesi definitiva è stata fissata dopo due mesi

con una valutazione di controllo a due anni

per valutarne il successo terapeutico.
3. Caso clinico (uomo di 45 anni) portatore da diversi anni di una protesi fissa. L’intervento di “Split crest” è stato eseguito con le più recenti tecniche che l’ingegneria medica propone: è stato usato un programma di simulazione implantare guidata 3D pre-operatoria, mentre, nella fase chirurgica è stata utilizzata la chirurgia piezoelettrica.
Come si può vedere con le fig. 1-2-3

  

(fig. 1 -2 -3)

è stato ricostruito da un “dental scan” l’immagine tridimensionale (3-D) della morfologia ossea.
La fig. 4 ci mostra il sito d’intervento con un frenulo particolarmente ipertrofico.

(fig. 4)

Dopo l’apertura di un lembo muco-periosteo a tutto spessore, si evidenzia un grave difetto osseo nella regione vestibolare a forma di scodella.

(notare come appare netto e “pulito” la dieresi con la piezosurgery)

Nella figura 6 notiamo l’avvenuta espansione crestale, i tagli di “scarico” e l’impianto alloggiato (arrow one piece).

Nelle figure 7-8 si evidenzia la frenulectomia, con sutura e carico immediato.

 

(fig. 7 – 8)

Ci si avvale di una Rx di controllo post chirurgico

e a distanza di 4 mesi di una Rx di controllo dove si nota l’avvenuta osteointegrazione dell’impianto.

GRUPPO DI LAVORO

AUTORI:
Dott. Maurizio SERAFINI Chieti
Prof. Francesco INCHINGOLO Bari
Prof.ssa Gianna DIPALMA Univ. di Bari
Prof. Massimo Walter MARRELLI “Calabrodental S.r.l.” Crotone
Marco TATULLO Univ. di Bari
Angelo Michele INCHINGOLO Univ. di Bari
Anna Lisa VALENZANO Univ. di Bari
Alessio Danilo INCHINGOLO

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