Il carico immediato e’ una tecnica che ci permette di inserire impianti in titanio e di fissarvi sopra la/le corone provvisorie, immediatamente o entro le 24-48 ore dall’intervento

Definizione

Si intende per carico immediato “one to one” una implantologia perfettamente equilibrata tra il rapporto di ampiezza dell’edentulia ed il numero di impianti inseriti, tali da poter meglio dissipare le forze di carico su una vasta area di osso spongioso e corticale.

Il carico immediato e’ una tecnica che ci permette di inserire impianti in titanio e di fissarvi sopra la/le corone provvisorie, immediatamente o entro le 24-48 ore dall’intervento. Ovviamente, è imprescindibile che ci sia la valutazione della quantità e qualità di osso disponibile nella regione dove viene eseguita la riabilitazione impiantare.

Il carico immediato nasce come un’esigenza di dare risposte riabilitative rapide al deficit funzionale ed estetico dei pazienti: la presente è una tecnica in rapida espansione, anche grazie alla ricerca scientifica, che ricercatori unitamente a prestigiose case produttrici, fanno sulle proprietà meccaniche, chimico-fisiche della struttura degli impianti e sulle interazioni istologiche nell’interfaccia osso-impianto.

Il problema dell’occlusione

L’occlusione sugli impianti va attentamente valutata, soprattutto quella neuromuscolare, cioè quella data esclusivamente dal complesso muscolare e propriocettivo, per evitare sia le fratture degli impianti da sovraccarico, che la perdita degli stessi.

Ciò la si ottiene quando la protesi sovraimplantare può trasferire il carico occlusale, su ogni suo pilastro implantare ad esso connesso.

La scelta di confezionare le corone singole, ha una duplice valenza: la prima è sicuramente la più importante per la salute degli impianti “l’ igiene orale” e la seconda per avere un’estetica simile a quella dei denti naturali.

Tutto ciò ovviamente prevede un condizionamento muco-gengivale.

Cenni storici

I primi pionieri ad utilizzare il carico immediato in Italia furono: S. Tramonte, D. Garbaccio, Pierazzini, U. Pasqualini , G. Muratori, S. Lobello, A. Morra Greco, N. Marini, M.S. Formiggini, in U.S.A.: L.Linkow, A. J. Viscido, L. C. Ward, Lew, Weiss e molti altri in Europa.

Ovviamente gli impianti di 50 anni fa non avevano le caratteristiche di quelli moderni, infatti oltre differire nel materiale ( tantalio o acciaio ), erano inoltre solo torniti (machined) a superficie liscia e per poterli caricare bisognava consolidarli tra loro con una barra elettrosaldata.

Nuovi concetti implantari

Gli impianti che l’Autore ha utilizzato, per la risoluzione dei casi clinici con tale tecnica a “carico immediato” sono autofilettanti ed hanno delle spire profonde di spessore incrementale in senso apico – coronale che consentono di scaricare in maniera ottimale le forze e garantiscono una stabilità iniziale eccellente.

Infatti, scomponendo meglio le forze in più vettori, questi vengono meglio assorbiti dalla spongiosa circostante e a loro volta, vengono nuovamente riscomposti fino ad annullarsi nella corticale; mentre l’impianto cilindrico reagisce dissipando le forze di scarico all’ultima spira.

Per rendere l’idea presentiamo alcune immagini che mostrano il comportamento biomeccanico degli impianti, come documentato in uno studio sperimentale con la tecnica foto – elastografica.

Gli Impianti conici o “root – form” sono per lo più consigliati nell’implantlogia post estrattiva, pur essendo valido anche nelle situazioni di alveolo chirurgico.

Tali Impianti possono essere inseriti in qualsiasi tipologia d’osso da D1 a D4, perché man mano che penetrano determinano osteocondensazione verticale ed orizzontale permettendo di ottenere una eccellente stabilità primaria.

Altra innovazione ingegneristica è l’impianto cosiddetto “rastremato” che pur mantenendo le stesse forme e spire, presenta un colletto conico, che aumenta il volume tra un impianto ed il contiguo chiamato area della superficie biologica: ne consegue una migliore vascolarizzazione dello stroma papillare. (vera papilla) 

La superficie degli impianti subisce un trattamento di sabbiatura e doppia mordenzatura acida che le conferisce una porosità che va da 0.5 a 20 – 40 micron, favorendo un elevato BIC (bone implants contact).

La bagnabilità dell’impianto, a seguito di queste procedure, è elevata e permette così al sangue di formare il coagulo sulla sua superficie e di creare i presupposti per l’adesione della rete di fibrina e favorire l’osteogenesi da contatto.

Le ultime ricerche condotte dalla BIOMET 3i hanno portato alla luce un impanto che, oltre a contemplare una preparazione della superficie gia citata sopra, si avvale della nano tecnologiaapplicata tramite la “Deposizione Cristallina Discreta di fosfato di calcio” (DCD).

Per poter utilizzare la tecnica del carico immediato l’impianto deve avere un’ottima stabilita’ primaria perché inizialmente è un fenomeno prettamente meccanico, in seguito con il progressivo rimodellamento dell’osso si ha una vera e propria osteointegrazione cioe’ le cellule ossee colonizzano la superficie rugosa dell’impianto fino a diventare un tuttuno.

Si può sempre attuare il carico immediato?

No, perché soggiace a precise prerogative ossee in termini qualitativi e quantitativi, diversamente si applicherà una implantologia differita.

Per una più dettagliata spiegazione si rimanda all’altro caso clinico pubblicato “Split-crest”.

Casi Clinici:

1° Caso clinico

Pz. sesso femminile di anni 75, portatrice di protesi mobile, si presenta alla mia osservazione per fenomeni di allergia alla resina e desiderava effettuare l’implantologia.

Dopo indagini emato-chimiche, tutte nella norma, compresa la M.O.C. (mineralometria ossea computerizzata della colonna e del femore), in quanto assume da due anni il “Ranelato di Stronzio”, che la mantiene in perfetto equilibrio osseo, è stata sottoposta ad intervento chirurgico implantologico.

Le Imm. 1-2-3-4 “dental scan” e Ortopantomografia per la ingegnerizzazione dell’intervento.

 

 

 

La Imm. 5, visione clinica dell’arcata superiore.

L’ imm. 6, si riferisce al prelievo di sangue venoso che dopo centrifugazione si separa formando il P.R.P. (Plasma ricco di piastrine) Imm. 6 bis, dove ci sono i Fattori di crescita (grow factors) per la rigenerazione ossea.

 

L’imm. 7: prova della dima chirurgica lato superiore sin.

L’imm 8: impianti a dimora con i pilastri montati, da parallelizzare lato sup. sin.

L’imm. 9: prova della dima, lato superiore desto

L’imm. 10: impianti a dimora con i pilastri montati, da parallelizzare, lato sup. dx.

L’imm. 11: Prima………

L’imm. 12: Dopo.

 

Le immagini 14-15, mostrano le corone definitive singole, in titanio ceramica.

 

La Pz. torna alla mia osservazione dopo due anni, per un incisivo affetto da mobilità, imm. 16

Controllo radiografico imm.17, si opta per l’inserzione di due impianti.

L’imm. 18: sito chirurgico dopo l’avulsione degli elementi dentali e si apprezza l’enorme cratere a carico dell’incisivo sup. sin.

L’imm. 19: l’allocazione degli impianti e la deiscenza sull’impianto di sin.

L’imm. 20: dappen con osso omologo prelevato dal sito chirurgico dell’incisivo di dx.

L’imm. 21 Innesto osseo.

L’imm. 22 sutura e provvisori.

Controllo a sei Rx. In negativo, imm. 23

La protesi definitiva è stata confezionata con denti singoli in titanio ceramica, imm. 2


2° Caso clinico 

Pz. sesso femminile di anni 50, già impiantata nel 2001 nel quadrante sup. sinistro e portatrice di protesi fissa nel quadrante Dx, ha deciso, visto il successo ottenuto nel tempo, di sostituire la vecchia protesi con altrettanti impianti nelle zone edentule

 

 

 

Una volta smontata la protesi si notano carie avanzata sull’ottavo con demolizione della corona che fungeva da pilastro

Si è provveduto a confezionare un perno moncone sul 1.1 ed inserimento di 4 impianti, di cui un post estrattivo sull’ 1.8 con rialzo crestale

 

OPT di controllo post chirurgico,

pilastri in situ nella stessa seduta

e protesi provvisoria.

 

Rientro a quattro mesi e Rx di controllo (notare la formazione dell’osso soll’impianto in posizione 1.7) Immagine 12.

Protesi definitiva denti singoli in galvano ceramica: Immagini (13 – 14).

 

3° Caso clinico 

Pz. di sesso maschile di anni 54, portatore di protesi mobile da numerosi anni, non per scelta, ma per i continui spostamenti internazionali, che non gli permetteva di fare una implantologia differita, ha deciso di essere impiantato con carico immediato di recente. Si è provveduto di inserire in un primo step n° 6 impianti tali da colmare il gap della protesi mobile e al suo rientro si effettueranno il rialzo del seno per via crestale ed l’inserimento di altri cinque impianti, per ripristinare la normale occlusione; come da modello 3D. Fig. (1-2-3-4-5).

 

 

 

 

All’esame ispettivo si presentava

 

Dopo ceratura diagnostica, si è proceduto alla costruzione di un provvisorio rinforzato, che funge anche da dima pre chirurgica con i fori di repere.

 

Le fig (10 – 11) mostrano il prelievo di sangue che dopo la centrifugazione si separa in due strati: superiore con il P.R.P. e l’inferiore la parte corpuscolata più pesante.

 

La fig. 12, Rx post chirurgica, mentre le fig. (13 – 14) mostrano gli abutment inseriti da parallelizzare.

 

 

Le fig. (15 16) la protesi provvisoria in situ.

 

 

In collaborazione con il Dott. Maurizio Serafini

 

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