Il numero di pazienti odontoiatrici chirurgici in trattamento anticoagulante orale è in continuo aumento e ciò è dovuto soprattutto al continuo incremento delle malattie cardiovascolari. Per il chirurgo orale è importante sapere quale deve essere la gestione corretta di tali pazienti al fine di evitare complicazioni emorragiche e tromboembolitiche.

Per procedere correttamente dobbiamo valutare l’entità e l’efficacia della terapia in corso e il rischio a cui sottoponiamo il paziente con il nostro intervento. Non tutti i trattamenti odontoiatrici sono a rischio emorragico, ma lo sono l’impiego di anestetici locali iniettabili, le estrazioni dentarie, gli interventi di chirurgia parodontale e il curettaggio parodontale, gli interventi di piccola chirurgia e le terapie canalari.

Per questo motivo va valutato il livello di rischio della procedura odontoiatrica e quello dell’insorgenza della tromboembolia, associato a una eventuale sospensione della terapia anticoagulante, per cui è importante eseguire un’attenta anamnesi e valutazione del range del grado di scoagulazione. In caso di pazienti in trattamento anticoagulante orale, occorre valutare il livello di rischio della procedura odontoiatrica e dell’insorgenza della tromboembolia associato a un’eventuale sospensione della terapia anticoagulante.

In presenza di una turba dell’emostasi che sia congenita, acquisita o di origine terapeutica, si è cercato da lungo tempo, in odontostomatologia, di limitare le indicazioni per interventi chirurgici, poi- ché non esistevano tecniche affidabili di emostasi locale (1).

Per ridurre il rischio di emorragia si ricorreva, in passato, a misure terapeutiche poco opportune (arresto momentaneo del trattamento anticoagulante) non giustificate dalla semplicità del gesto chirurgico e che potrebbero causare al paziente una trombosi da rialzo funzionale (2).

In campo odontoiatrico è frequente dover sottoporre a interventi chirurgici, più o meno invasivi, pazienti a rischio emorragico; questi sono principalmente:

• in trattamento anticoagulante orale (TAO)
• con epatopatie croniche evolute
• con piastrinopenie
• con difetti di coagulazione (emofilici, malattia di Von Willebrand, carenza di fattore VII)
• con piastrinopatie. Con il presente lavoro gli Autori si propongono di fornire un corretto approccio clinico e terapeutico in pazienti in TAO (le indicazioni all’impiego di farmaci anticoagulanti sono riportate nella tabella I).

La TAO costituisce un trattamento di grande e cre- scente importanza per la cura e la prevenzione delle malattie tromboembolitiche e della topologia vascolare in genere (3). Gli anticoagulanti, come dice il loro nome, sono farmaci che ostacolano il   processo di coagulazione del sangue e quelli più utilizzati sono riportati nella tabella II. Inoltre, nella maggioranza dei casi la patologia che richiede la TAO si riscontra in soggetti in età adulta o avanzata; sono, quindi, assai frequenti fenomeni patologici del cavo orale a prevalente genesi infiammatoria, che necessitano spesso di interventi chirurgici odontostomatologici (1). Le patologie più frequenti sono le parodontopatie, i processi cariosi, i traumi della mucosa orale e processi neoplastici benigni. La necessità di tera- pie chirurgiche del cavo orale potrebbe suggerire l’opportunità di una sospensione della TAO, tut- tavia la sospensione della TAO rappresenta un evento indesiderabile che può provocare un rapido aumento del potenziale coagulativo e provo- care eventi trombotici e/o emolitici talvolta fatali (2). La coagulabilità del sangue nei pazienti in TAO oggi si misura con l’International Normalized Ratio (INR) che elimina gran parte delle variabili metodologiche del vecchio tempo di protrombina espresso in percentuale. L’INR nel soggetto norma- le ha un valore di 1; con la TAO tale valore aumenta (5-7). Scopo di una TAO ben condotta è quello di tenere il paziente nell’ambito terapeutico. Esistono fonda- mentalmente due ambiti, uno per la patologia venosa (tromboembolismo venoso e la fibrillazione atriale con INR compreso tra il 2 e 3,5) e uno per le protesi valvolari cardiache (con INR che deve essere mantenuto fra 3 e 4,5) (8).

Approccio clinico   n  L’anamnesi deve  essere effettuata  con  appositi questionari, utili per  la diagnosi di disordini emor- ragici.  Occorre  un’attenta valutazione della  terapia farmacologia domiciliare  del  paziente, poiché molti farmaci  possono determinare piastrinopenie: • penicilline e cefalosporine, • trimetoprim, gentamicina, rifampicina, • analgesici e FANS, • antidiabetici, cardiovascolari, diuretici, • antiaggreganti piastrinici, eparine, sali d’oro, anti H2. L’uso  terapeutico degli anticoagulanti orali,  parti- colarmente se prolungato nel  tempo,  richiede una valutazione del dosaggio estremamente accurata. Occorre  effettuare esami  di laboratorio, tra cui: • emocromo, da cui si evince  il numero  di globuli bianchi  (mettendo così  in evidenza situazioni di neutropenia o linfocitosi), i valori  di Hb e dell’MCV (che  possono  essere  indicativi, se alterati,  di  ane- mia), il numero  (non la funzione) delle  piastrine; • tempo  di  emorragia (sec.  Ivy),  test  in vivo che valuta  la funzione piastrinica; • tempo  di protrombina PT (tempo necessario per la  coagulazione del  plasma citrato  dopo  aggiunta di calcio  e tromboplastina); • tempo  di  tromboplastina parziale attivato (PTTa):  l’alterazione di tali valori  può  già  orientare la diagnosi del tipo di malattia emorragica; • valutazione  dell’INR. Per le manovre  chirurgiche da eseguire in caso si veri- fichi un’emorragia come  complicanza intraoperatoria, si veda la scheda chirurgica step by step a pag. 35.

Gestione dei pazienti in trattamento anticoagulante orale (TAO)   n Di fronte a un paziente in terapia anticoagulante, per procedere correttamente dobbiamo valutare l’entità  e  l’efficacia della  terapia  in  corso  e  il rischio  a cui sottoponiamo il paziente con il nostro intervento, ossia  bisogna valutare congiuntamente: • il range INR (grado di scoagulazione), • il tipo di trattamento odontoiatrico. I trattamenti odontoiatrici a  rischio  emorragico sono  l’impiego di anestetici locali  iniettabili, le estrazioni dentarie, gli interventi di chirurgia paro- dontale e  il curettaggio parodontale, gli  interventi di  piccola chirurgia e le  terapie canalari (11,  12). Ogni  paziente deve  essere valutato singolarmente e  va  esclusa la  presenza di  fattori  in grado  di modificare gli effetti della  TAO (12)  (tabella III).   Prevenzione La grande  maggioranza dei pazienti in TAO trascura le cure dentarie nel timore che esse possano  provo- care fenomeni emorragici (4).  È utile rendere edotti i pazienti in TAO sull’importanza che assume  l’igie- ne orale  nel prevenire situazioni patologiche denta- rie e  parodontali che  successivamente potrebbero richiedere terapie  cruente. Le patologie infiammato- rie o degenerative del cavo orale rivestono  un ruolo determinante nella  genesi delle  endocarditi batteri- che,  fenomeno non raro nei  valvulopatici cronici  e nei portatori  di protesi  valvolari (13, 14). È opportuna una  precisa  informazione sulle  tecniche  di  spazzolamento dentario,  sull’uso del  filo interdentale e, ove necessario, sull’impiego dell’irri- gazione gengivale. Si dovrà  pretendere dal  paziente in TAO il rispetto dei  controlli  odontoiatrici, fissati  a intervalli precisi, con un limite massimo  di biannualità, onde diagnosti- care fin dall’inizio la presenza di processi patologici.   Parodontopatie II piano  di bonifica  parodontale deve  essere pro- grammato in base  a un esame ortopantomografico, completato con  un’indagine radiografica endorale completa, allo  scopo  di  studiare  lo stato  di  ogni singolo elemento dentario e pianificare un preciso programma terapeutico. I processi parodontali cronici  con riassorbimento osseo costituiscono la causa più frequente di emorragie gengivali (4). Un quadro  di parodontosi con riassorbimento osseo di modico  grado richiede un trattamento  di scaling parodontale da eseguire con cautela  e scrupolo. In corso  di  TAO, lo scaling  sottogengivale deve essere condotto  con strumenti  sottili  allo  scopo  di ottenere il miglior risultato con il minor trauma parodontale possibile ed eseguito con  sedute fre- quenti, onde  ridurne la  durata. Utile  sostituire lo scaling  manuale con  quello  ultrasonico, meno traumatizzante (15, 16). La chirurgia parodontale più  impegnativa (gengi- vectomie, lembi  mucogengivali) per  le frequenti complicanze emorragiche deve  essere eseguita in ambiente ospedaliero, poiché tali manovre posso- no causare batteriemia anche  di  rilevante entità,

per  cui sarà  buona  norma  condurre una  profilassi antibiotica a dosaggio congruo (4).   Anestesia locale nel cardiopatico in TAO Non esistono controindicazioni all’impiego di ane- stetici  locali:  da preferire la mepivacaina o la lido- caina  in soluzione al 2-3% (4). È buona  regola eseguire l’anestesia locale ogni qualvolta sia  necessaria, onde  eliminare l’eventua- lità di dolore  difficilmente controllabile. È sconsigliato l’uso  di vasocostrittori, sia  pure  a dosaggi ridotti,  per  la possibilità che  causino epi- sodi di tachicardia (4). Il tipo  di  anestesia da  effettuare  richiede una importante valutazione. Infatti, mentre  le anestesie loco-regionali o plessiche determinano uno scarso rischio  di ematoma, le anestesie tronculari presen- tano un rischio  variabile (4): • rischio  alto per  il nervo  alveolare inferiore, date l’ampiezza della  regione e  la lassità  del  tessuto connettivo  che  circonda  il nervo.  La complicanza più  grave  è  la comparsa di  ematoma dissecante latero-faringeo e della loggia  tonsillare; può provo- care ostruzione delle  prime  vie aeree. L’esecuzione di tale  anestesia è  da evitare  quando  possibile. In caso di assoluta  necessità dell’esecuzione è oppor- tuno osservare attentamente la regione ed esercita- re una pressione continua  al primo  segno  di ema- toma.  Segno  importante dell’ematoma è la presen- za  di  sangue nella  siringa durante la  manovra di aspirazione: in questo  caso  oltre  la  compressione può essere  utile l’uso locale  del ghiaccio; • rischio  medio  per il nervo  infraorbitario;

Sedazione pre e postoperatoria L’uso di farmaci  sedativi, analgesici o tranquillanti in fase pre-operatoria è consigliato. Per i farmaci  antinfiammatori postoperatori devo- no  essere evitati  accuratamente tutti quei  farmaci che esplicano attività  antiaggregante piastrinica (acido acetilsalicilico, fenilbutadione).   Impiego della colla di fibrina in chirurgia orale L’uso della  colla  di  fibrina  in chirurgia odontosto- matologica nei  pazienti in TAO è utile  soprattutto nella  chirurgia estrattiva, specie se multipla. Si riducono  molto  le  complicanze emorragiche, specie ove esistono superfici ossee  cruentate come quelle alveolari residue a estrazioni dentarie, con l’applicazione  intra-alveolare seguita dalla  sutura dei lembi  mucosi  gengivali (17).   Terapia antibiotica: indicazioni e scelta  dell’antibiotico   Le raccomandazioni relative alle  norme  idonee a prevenire l’insorgenza della  endocardite  batterica in pazienti con  patologie cardiovascolari  a  rischio infettivo  sono  state  recentemente  dettate  dalla American Hearth Association.  Tali  suggerimenti sono stati anche  approvati dal consiglio del terapie dentarie dell’American Dental Association (18). Le condizioni cardiache  più  spesso  associate a endocarditi per le quali  si raccomanda una profilas- si, sono riportate  nella  tabella  IV (19, 20). Esistono  altre  condizioni in cui  non  è  necessario attuare  la  profilassi  per  l’endocardite (tabella  V) (18-20). Spesso  è difficile  stabilire quali  procedure chirurgi- che siano responsabili dell’insorgenza di una endocardite; tuttavia,  anche  se la batteriemia è un fenomeno consequenziale di  molte  manovre chi- rurgiche, soltanto  alcuni  ceppi batterici sono responsabili dell’endocardite. La batteriemia con- secutiva ad  atti terapeutici odontoiatrici che  coin- volgono le superfici mucose o altre  strutture  infet- te ha una durata  assai  limitata, che,  generalmente, non  supera i quindici minuti,  ma questo  periodo limitato  di tempo  è sufficiente perché i batteri  rag- giungano le superfici valvolari danneggiate, l’endocardio  o  l’endotelio per  provocare una endocardite o una  endoarterite (18-20). Può  essere utile  l’irrigazione del  solco  gengivale con  clorexidina 0,2% prima  dell’estrazione denta- ria, poiché  riduce  sensibilmente l’incidenza della batteriemia post-estrattiva. È, quindi, consigliabile l’uso  della  clorexidina 0,2% aggiunta alla  antibioti- Tabella VII – Modalità d’uso locale  di acido tranexonico   Preoperatorio Sciacqui orali con 10 ml per 2 minuti 10 minuti prima dell’inizio de trattamento Intraoperatorio Irrigazioni con soluzione acquosa 4,8 g/100 ml (diluire 1 fiala di Tranex o Ugurol 1:1 con acqua) del campo operatorio  prima della sutura Postoperatori Sciacqui orali Quantità 10 ml Durata dello sciacquo 2 minuti Frequenza dello sciacquo 4 volte al dì per 7 giorni   coterapia in pazienti ad  alto  rischio  e  con  scarsa igiene orale. Scopo della  profilassi  antibiotica è quello  di mante- nere una concentrazione sierica  del principio attivo efficace  durante  tutto il periodo  peri-operatorio. La terapia  antibiotica deve iniziare  a breve scadenza dall’inizio del trattamento  (1-2 ore) e non deve pro- trarsi  più  di 6-8 ore  dopo  l’intervento; la prosecu- zione entro tali termini  è giustificata soltanto  in caso di tessuti infetti o di ritardo di guarigione. Altro van- taggio  della  breve  profilassi  antibiotica nei pazienti con  TAO è rappresentato dalla  scarsa  interferenza farmacologia che tale profilassi  esercita  nei riguardi degli  anticoagulanti orali (tabella VI) (4). L’uso locale di  acido  tranexanico nella  prevenzio- ne  e  nel  trattamento delle  emorragie del  cavo orale  è consigliato con  le  modalità riportate  nella tabella VII. L’utilizzo di tale  principio attivo  favori- sce  la  formazione del  coagulo e  diminuisce il tempo  di sanguinamento (21).   Trattamento pre-  e postoperatorio dei pazienti in TAO   15 giorni prima dell’intervento 1) Preparazione parodontale del  paziente median- te l’ablazione del  tartaro.  Onde  evitare  le  emorra- gie parodontali, è necessario, prima  dell’ablazione stessa,  invitare il  paziente a  effettuare  sciacqui orali  con  soluzione acquosa di  acido  tranexamico al 4,8% per  qualche minuto;  quindi, ad  ablazione avvenuta, verranno ripetuti  gli  sciacqui con  una frequenza di 4 volte al giorno  per 7 giorni.

2) Educazione del paziente a un’accurata igiene  orale. 3) Sciacqui orali con soluzione di clorexidina diglu- conato allo 0,1% 2 volte al giorno  per 14 giorni.   Prima dell’intervento 1) Controllo  del PT-INR, PTTa, emocromo. 2) La condotta  che deve  essere seguita è diversa  a seconda del  tipo  di  intervento a  cui  il paziente deve  essere sottoposto: a) per piccoli  interventi (avulsioni dentarie sempli- ci, senza  lembo  di accesso e senza  alveoloplastica e osteoplastica con strumenti  rotanti)  non è neces- sario  sospendere l’anticoagulante orale,  ma, come detto,  si controlla preventivamente che  PT e  INR siano  mantenuti nel  range  terapeutico e  si pone molta  cura,  come  verrà  detto in seguito, a ottenere una  buona emostasi locale,  irrigando  il  campo operatorio con  una  soluzione di antifibrinolitico (acido  tranexamico) e  poi  applicando punti  di sutura  e colla  di fibrina  (22-26); b)  per  grandi  interventi, come  rimozioni  di  denti in inclusione ossea  parziale o totale,  rimozione di neoformazioni cistiche  di  mascellari o asportazio- ne di un tumore  del  cavo  orale,  oppure per  quelli ad  alto  rischio  emorragico come  il curettaggio gengivale, è  necessario sospendere la sommini- strazione degli  antagonisti della  vitamina K. Poiché si  impone la  necessità di  mantenere il paziente coagulato, si inizia  una  terapia con eparina calcica sottocute, che  è vantaggiosa sia  per  il suo  effetto immediato sia per la durata  d’azione non protratta, valutando l’azione del farmaco  mediante il control- lo del  tempo  di tromboplastina parziale (PTT) che deve  essere mantenuto su  valori  di 3 volte  supe- riori  al  normale. Una  volta  che  il PT abbia  rag- giunto valori  intorno  al  50-60%,  e quindi  l’azione dell’anticoagulante orale  è praticamente trascurabi- le, si sospende l’eparina alla  sera  prima  e si proce- de  all’intervento sul  cavo  orale  avendo sempre cura di ottenere una  buona  emostasi locale (4, 10).   Qualche ora prima dell’intervento Terapia  antibiotica come  descritto  prima.   Subito prima dell’intervento Lavaggio del campo  operatorio con la soluzione di acido tranexamico.   Intervento (es. estrazione) 1)  Anestesia con  carbocaina al  3% senza  vasocostrittore  effettuando un’infusione lenta;  se non  vi sono problemi cardiologici è possibile usarla  con vasocostrittore. Nel caso  di una avulsione dentaria semplice ci  si può  avvalere della  sola  anestesia intraligamentosa. 2) Intervento  chirurgico. 3) Accurata  toilette  ossea  alveolare e rimozione di eventuali tessuti  di  granulazione facilmente san- guinanti e perciò  spesso responsabili di emorragie postoperatorie. 4) Plastica  alveolare e di eventuali asperità ossee. 5)  Preparazione della  sutura  (passaggio dei  fili di sutura  attraverso i lembi  senza  serrare  i punti). 6) Irrigazione del  campo  operatorio con  soluzione di acido  tranexamico. 7) Applicazione, ove necessario (17), di colla di fibrina. 8)  Chiusura dei  punti  di sutura  precedentemente passati effettuandola in modo incrociato, compres- sione  della  ferita  stessa  con garze  imbevute di soluzione fisiologica per circa  15 minuti. 9) Verifica,  dopo  circa  30 minuti,  del  cessato  san- guinamento. Qualora  persistesse, risulta quasi  sem- pre risolutivo  l’utilizzo  di un nuovo tamponamento, imbevuto  di acido tranexamico, associato  o meno a una doccia  preliminarmente preparata, da mantene- re in sede almeno  per le successive 24-48 ore. Se  si  è  sospeso  l’anticoagulante orale,  alla  sera dopo  l’intervento si  somministra nuovamente l’eparina,  iniziando quanto prima  la  ripresa dell’anticoagulante orale  e sospendendo definitiva- mente  l’eparina solo  quando  il PT sarà  sceso  a valori  del 33% (3).   Dimissioni, consigli e terapia 1)  La dimissione del  paziente non  va effettuata prima  di  60  minuti  dalla  fine  dell’intervento (per verificare l’assenza del sanguinamento). 2) Applicazione di borsa  del ghiaccio per 3-4 ore. 3)  Per  i 3 giorni  successivi all’intervento, dieta liquida e fredda  e, per i seguenti 7 giorni,  morbida e tiepida. 4)  Sciacqui orali  con  10  ml  di  soluzione acquosa di acido  tranexamico per  2 minuti,  ripetuti  4 volte al giorno  per 7 giorni.  Il paziente non deve  bere o mangiare per  circa  un’ora  dallo  sciacquo. Dal primo giorno  postoperatorio, sciacqui orali  con soluzione di  clorexidina digluconato allo  0,12% 2 volte al giorno  (mattina e sera)  (27). 5)  Terapia antinfiammatoria, se  necessaria, tipo paracetamolo.

6)  In caso  di  emorragia postoperatoria (in  genere si verifica  in  quarta  o quinta  giornata) si procede all’applicazione di un  tampone imbevuto di acido tranexamico. Qualora  persistesse, consultare l’ematologo per  concordare una  diminuzione della terapia anticoagulante.   Rimozione della sutura Deve  avvenire in ottava  giornata  e  nel  modo meno  traumatico possibile. In caso  di lievi  emorra- gie,  è  sufficiente l’applicazione  di un tampone imbevuto di  acido  tranexamico e  la ripetizione degli  sciacqui per 1 o 2 giorni  (27).

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